L’11 maggio del 1981 Bob Marley, prima rockstar del Terzo Mondo, ambasciatore universale della musica reggae e della spiritualità rasta, moriva a soli 36 anni in un ospedale di Miami, stroncato dal cancro. La Giamaica restava orfana del suo figlio prediletto, del suo eroe, un profeta della pace, che aveva contribuito ad evitare la guerra civile, e punto di riferimento di tutta la cultura afroamericana.
Il destino l’ha fatto nascere in un ghetto di Kingston. Il reggae con Marley ha assunto un contenuto sociale e soprattutto religioso. Un rivoluzionario che voleva combattere la miseria, la schiavitù, il razzismo usando come forma di lotta e di ribellione solo la musica. Una vita breve vissuta all’insegna della musica, della libertà e contro il capitalismo, della spiritualità, della marijuana, considerata sacra dalla religione rasta. Marley diventò presto simbolo di orgoglio, riscatto, passione e amore per milioni di giovani e per diverse generazioni, una delle figure più carismatiche del XX secolo.
E, a distanza di quasi trentacinque anni dalla sua scomparsa, conta ancora su una vastissima schiera di fans di tutte le età che hanno contribuito a consegnarlo alla leggenda. Una versione strepitosa, registrata dal vivo a Londra, dove tenne una serie di concerti nel corso del 1975, di “No woman, no cry”, gli apre definitivamente le porte del mercato inglese. La sua popolarità serve da veicolo alla dottrina Rastafari, di cui era diventato adepto nel ’70, e la cui conoscenza si diffonde ben oltre i confini della Giamaica. Jah è il dio, l’imperatore d’Etiopia, Hailè Selassiè è il nuovo Messia, l’incarnazione, pronto a portare il popolo nero alla riscossa riconducendolo in una Africa liberata dai bianchi e l’Etiopia è la Terra Promessa.
Gli echi ribollenti di Trench Town e degli altri ghetti di Kingston sono presenti in “Exodus”, uscito nel 1977, considerata dalla critica l’apice della parabola artistica di Bob, il suo capolavoro assoluto. È l’esodo della gente di Jah e la liberazione dalla prigionia e il ricongiungimento con la terra dei padri.
L’Italia lo aveva visto da vicino un anno prima della sua scomparsa, il 27 giugno 1980, allo Stadio Meazza di Milano in un concerto memorabile con 100.000 persone e il giorno seguente, sempre gremitissimo, allo stadio Comunale di Torino.

Dischi consigliati :

Oltre al citato EXODUS, LIVE AT LYCEUM (’75), LIVE AT THE ROXY (’76), BABYLON BY BUS (’78) perché i Wailers sono la migliore band dal vivo, dopo la E Street Band di Bruce Springsteen. È nelle esibizioni live in cui si evidenzia tutta la carica, l’energia che sprigiona la sua musica, il suo saltello ritmato, le trecce leonine rasta e quel sorriso triste ma fiero …

“Chi ha paura di sognare è destinato a morire”.

 Pietro Bortolozzo

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