2015 anno dell’Expo e nell’interland veneziano una cittadina, Mirano, si mette in vetrina con l’oca. E guarda caso il pennuto è l’alfiere ideale sotto ogni punto di vista per questa ricorrenza, con una fiera da decine di migliaia di visitatori, hotel e ristoranti da tutto esaurito, occasioni di svago e riscoperta di antiche tradizioni locali, comprese quelle legate alla buona tavola e al cibo. Oca da guardare, oca da mangiare, oca per divertire: per Mirano, 27 mila abitanti in provincia di Venezia, un’esclusiva “coda” di Expo a novembre, nel weekend di San Martino, quando la cittadina cambia volto per due giorni: il centro storico si trasforma in una piazza della Belle Époque, lasciando il campo a una fiera paesana di inizio Novecento. A farla da padrona sono gli stendardi con lo stemma sabaudo, i banchi in legno del mercato, le bacheche con gli avvisi comunali, i manifesti con le prime réclame. Anche i moderni cartelli stradali vengono coperti con la riproduzione fedele delle insegne d’epoca. L’appuntamento con il salto indietro nel tempo quest’anno è il 14 e 15 novembre : ci sarà lo strillone con il giornale, l’imbonitore con i suoi intrugli, le servette nel giorno di riposo, l’artigiano che impaglia le sedie, i baracconi con il fucile a elastici, i barattoli da abbattere a pallate e altri giochi di una volta. Protagonista il pennuto più famoso di queste zone, in linea con il detto popolare “Chi no magna l’oca a San Martin no fa el beco de un quatrin”, ovvero chi non mangia l’oca a San Martino non fa il becco di un quattrino.

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È sempre stata usanza, dalle parti di Mirano, festeggiare la chiusura dell’anno agrario, l’11 novembre, mangiando l’oca. Questo perché in quel periodo dell’anno la carne del pennuto è così grassa e tenera da sciogliersi in bocca, ma soprattutto all’epoca i proprietari terrieri di Mirano erano in gran parte ebrei e non potevano mangiare maiale.
Roberto Gallorini, patron della Pro Loco e Sandro Zara, custode di tradizioni, decisero di ripristinare e ufficializzare queste antiche usanze: un modo per far innamorare i miranesi delle proprie radici. Un’altra grande intuizione fu quella di chiedere al pittore Carlo Preti, di ideare e creare “El Zogo de l’oca de Miran”, edizione riveduta e corretta del celebre gioco da tavola. Preti si prodigò ridisegnando il percorso a spirale del gioco, illustrando le 63 caselle con aneddoti, proverbi, luoghi e fatti della storia della città. Per i futuri organizzatori del Zogo de l’Oca fu un’ispirazione formidabile. Nel 1998 Gallorini decise di creare quella che oggi è la manifestazione più seguita in paese, capace di attirare visitatori da tutta Italia e dall’estero. Prese il disegno di Preti e lo sovrappose alla piazza di Mirano, che guarda caso ha forma ovale. Calzava a pennello. La piazza del paese diventava così un grande gioco di società. Si realizzarono 63 grandi caselle di due metri per due, dadi e pedine giganti e soprattutto si inventarono improbabili prove di abilità che a molti ricordano i popolari “Giochi senza frontiera” di qualche anno fa.

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A sfidarsi sono, da allora, ogni anno, le squadre del capoluogo e delle cinque frazioni di Mirano: così il Zogo è diventato anche una sorta di palio tra contrade, dove si misura la sana rivalità tra i campanili del comune. A darsi battaglia gli arancioni di Scaltenigo, i blu di Vetrego, i gialli di Campocroce, i rossi di Ballò, i verdi di Zianigo e gli azzurri di Mirano capoluogo. Tra i campanili miranesi è sfida vera: le squadre si preparano con largo anticipo, provano i giochi, preparano costumi e tecniche per arrivare per primi alla caselle 63. Anche se poi, alla fine, a farla da padrona è quasi sempre la fortuna. Come in un qualsiasi gioco di dadi. Il pubblico lo sa, incita, lancia sfottò, si lascia rapire dalla sana rivalità del gioco. Chi vince ha solo l’obbligo di devolvere il premio in denaro a una realtà associativa o benefica del proprio paese ed è ciò che riporta la sfida alla dimensione di gioco.
Attorno al Zogo, per due giorni, la Mirano è quella di un secolo fa. Qualcosa di più di una semplice ricostruzione: in città le tradizioni rivivono davvero, in piazza, per tutti e senza nemmeno scomodare fatti storici salienti.

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Passeggiando il sabato pomeriggio per le vie del centro sembra di essere tornati indietro di cent’anni per la cura riservata ai particolari e soprattutto alle circostanze : i baracconi, il vecchio luna park, i mercanti, tutti in costumi d’epoca fedelmente riprodotti dagli originali. Sempre in cerca di novità, la Pro Loco, qualche anno fa, hanno deciso di esportare la Fiera de l’Oca fuori città. Il viaggio non poteva che portare in Francia, patria dell’oca e del foie gras, che guarda caso, dal 1700, celebra il pennuto proprio nel weekend di San Martino. La leggenda infatti narra che furono schiamazzi d’oca a svelare ai messi papali il nascondiglio di Martino, intimorito dalla possibilità di essere nominato vescovo di Tours.
La Pro Loco è andata a Sarlat, capitale del Périgord Noir, dove alle oche hanno dedicato perfino un monumento bronzeo in centro. Qui ha parlato con associazioni, produttori e autorità locali, le ha invitate a Mirano e così i francesi sono entrati a far parte integrante della Fiera dell’Oca di Mirano, assieme alle loro tradizioni, ai loro costumi tipici e alle loro specialità culinarie.

Rudy De Pol

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