È qui, in provincia di Trapani, nel margine più occidentale della Sicilia, che la Valle del Belìce si racconta come una terra di colline e silenzi, lontana dai circuiti consueti. È una Sicilia, questa, che si concede senza fretta, discreta e lontana dalle rotte ovvie. Ma dove ogni strada è una sorpresa. Vestigia fenicie, templi greci, cupole barocche, scogliere che si inseguono e percorsi che si srotolano all’infinito. In questa Sicilia c’è una città che non ha dimenticato le sue rovine ma le ha trasformate in futuro. Si chiama Gibellina e nel 2026 sarà la prima Capitale italiana dell’Arte Contemporanea.  Dopo il terremoto del ’68 che distrusse completamente il vecchio centro abitato, Gibellina ha scelto di rinascere in modo radicale.

Non ha ricostruito il suo passato, ma si è reinventata come città-museo, laboratorio a cielo aperto, simbolo di resilienza. “Portami il futuro”, recitava lo slogan (vincente) della sua candidatura a Capitale dell’Arte Contemporanea. Era un invito e un programma ma anche una promessa. E così per tutti i dodici mesi del 2026, la città diventerà un palcoscenico diffuso di mostre, festival, residenze artistiche e azioni di rigenerazione urbana.  Tutto per far diventare Gibellina un laboratorio vivente dove l’arte dialogherà con il territorio. Gli interventi previsti, infatti, comprendono la riqualificazione di spazi pubblici, il restauro di luoghi simbolici e la creazione di nuove aree dedicate alla sperimentazione contemporanea.

GIBELLINA IN SICILIA

Gibellina di pietra e di cemento: anatomia di una città d’arte

Ma già oggi, passeggiare per il centro di Gibellina Nuova significa immergersi in un laboratorio a cielo aperto di architettura sperimentale e scultura monumentale. I quartieri sono il risultato di un sogno utopico, guidato negli ultimi decenni del ‘900 dal sindaco Ludovico Corrao, che aveva invitato i grandi nomi della cultura a “firmare” la rinascita della sua città. E, allora, il tour a cielo aperto si trasforma in una caccia al tesoro tra sculture monumentali e visioni urbane. Si parte idealmente dal segno simbolico della Porta del Belìce di Pietro Consagra e si continua con la Fontana di Andrea Cascella, la Torre Civica di Mendini, i mosaici di Carla Accardi, le macchine sceniche di Arnaldo Pomodoro, la Chiesa Madre di Ludovico Quaroni, le piazze scenografiche di Purini e Thermes.

Tra le vie e le piazze della Gibellina Nuova, insomma, il tempo si muove al ritmo della creazione. L’arte è ovunque, dagli spazi disegnate da architetti ispirati ai vicoli che si aprono come scenografie urbane.  Ogni edificio ha un gesto, un segno, una poetica. Come il MAC, il Museo di Arte Contemporanea affollato di dipinti, sculture, grafica, fotografie e bozzetti. È un racconto di circa 400 opere che segnano un percorso espositivo storico-cronologico, dal primo ‘900 alle ultime Avanguardie. Con le firme di Guttuso e Schifano, Pirandello e Carla Accardi, da Mimmo Rotella a Christo. E poi, dentro l’antico Baglio di Stefano, c’è il Museo delle Trame Mediterranee un viaggio tra collezioni che intrecciano tradizione e modernità, artigianato e arte concettuale, Africa e Sicilia, mare e deserto. 

GIBELLINA IN SICILIA

Gibellina in Sicilia e la memoria sigillata: il Grande Cretto

Ma il vero cuore pulsante e la più potente narrazione della cittadina ferita e risorta si trovano nei Ruderi della Vecchia Gibellina. Qui, l’artista Alberto Burri realizzò, tra il 1985 e il 2015, il suo capolavoro di Land Art. Si tratta del Grande Cretto, che ha trasformato le rovine di una tragedia in un abbagliante capolavoro di arte pubblica. Quando lo si scorge per la prima volta dall’alto, si rimane spiazzati: non è una scultura, ma un sudario di cemento bianco, vasto come un campo arato e silenzioso come una tomba.

Burri non ha voluto ricostruire, ma sigillare la catastrofe. Attraversare i “vicoli” bianchi del Cretto è un’esperienza fisica e spirituale insieme. Quel monumento alla memoria e al silenzio è un’opera d’arte che è, insieme, un sepolcro e un simbolo di resilienza umana. Il sole siciliano rende il bianco luminosissimo, quasi accecante, trasformando l’opera in un deserto lunare.  Al tramonto, poi, il cemento bianco si tinge di rosa e il vento della valle sembra raccontare le voci di chi non c’è più. È una cattedrale senza pareti, il Cretto, una ferita che si è fatta bellezza.

GIBELLINA IN SICILIA

Gibellina in Sicilia e il paesaggio riscoperto: tra natura e sostenibilità

Ma un altro elemento essenziale della Gibellina che si affaccia al 2026 è il suo prezioso contesto naturalistico. Il vecchio centro urbano sorgeva su un altopiano circondato da dolci colline coltivate a viti e ulivi che guardano verso la costa. È un paesaggio che comunica serenità, un contraltare verde all’immensa distesa bianca del Cretto. Il progetto di Capitale dell’Arte Contemporanea pone un forte accento anche sulla sostenibilità ambientale e sul turismo lento ed esperienziale. Gibellina si inserisce in un circuito di itinerari che incoraggiano la scoperta del territorio a piedi, in bicicletta o a cavallo. L’area dei Ruderi, pur segnata dalla memoria della catastrofe, offre anche scorci panoramici mozzafiato, dove la macchia mediterranea e la flora locale tornano a riprendersi i loro spazi.

La natura non è un semplice sfondo, ma gioca da protagonista, attraverso itinerari che si sviluppano in un paesaggio che più insolito non si può. È, per esempio, ad una manciata di chilometri dal Cretto che si visita la Grotta di Santa Ninfa, una delle attrazioni naturali più affascinanti e scenografiche della Valle del Belìce. Chi attraversa questo territorio non sospetta che a qualche metro di profondità l’acqua piovana, da secoli, sta allargando fratture, ampliando spazi, assottigliando strati di roccia. Un lavorio incessante, che dura da migliaia di anni e che ha scolpito nel gesso grotte e doline, colate e colonne, stalattiti oversize e minuscoli cristalli. 

Gibellina in Sicilia e i sapori della rinascita: le eccellenze enogastronomiche del Belìce

Tra antico e moderno, tra innovazione e tradizione vigneti e uliveti, silenziosi compagni di viaggio per chi si avventura tra le colline di Gibellina, sono il simbolo di una Sicilia rurale che si rifiuta di scomparire. E se i gourmet del Terzo Millennio vanno coccolati, solleticati e sollecitati, cantine e oleifici del Belìce rispondono con proposte insolite e/o inedite da fare tra vigneti, bottaie e frantoi.  “Il turismo enologico – dicono dalle parti di Assovini Sicilia – diventa sempre di più un veicolo per promuovere, oltre al vino di qualità, il territorio, le bellezze paesaggistiche e l’unicità del patrimonio storico-archeologico dell’isola”. L’ha capito, per esempio, Angela Maria Biondo, giovanissima Donna del Vino e titolare di Cantine Rapinzeri, una delle realtà emergenti in questo angolo di Sicilia, ad una manciata di chilometri dal Cretto di Burri. Giovani e insolite le scelte di Angela che sta lavorando per la completa conversione della sua azienda al biologico e all’ecosostenibile. 

Nel Belice non solo vino

Ma il gusto del Belìce non si ferma al vino. La zona è famosa per l’olio extra vergine d’oliva, prodotto da uliveti secolari, soprattutto di Nocellara, varietà autoctona che regala EVO straordinari con profumi e gusti intensi. L’agricoltura locale offre anche prodotti unici come il pane nero di Castelvetrano, la Vastedda della Valle del Belìce DOP (un formaggio fresco di pecora), il Melone Giallo (a Gibellina la Notte Gialla è proprio dedicata al mulune). Il  2026 sarà l’occasione per creare percorsi sensoriali che affianchino l’itinerario artistico a quello naturalistico, senza dimenticare quello gastronomico. In un museo fatto di cielo, terra e arte.

Enrico Saravalle 

INFORMAZIONI:

http://www.visit belice.it

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